Ranshida Manjoo, relatrice speciale dell’ONU contro la violenza sulle donne, durante una visita al Nostro Paese nel 2012 ha dichiarato che la violenza domestica risulta la forma di violenza più pervasiva, che continua a colpire tutte le donne in Italia. Parliamo di violenza maschile contro le donne, ma in verità il fenomeno è diffuso anche nelle coppie omosessuali.
Gli uomini violenti non sono confidabili in particolari situazioni sociali, ma compongono uno scenario multiversum che ha bisogno di un’approfondita analisi sociologica e psicologica.
Il corpo biologico è connesso in modo circolare a quello psichico, che è soggetto, a sua volta, alle influenze sociali e culturali in cui è inserito. Le influenze sociali, culturali, religiose, politiche ed economiche permeano l’individuo e plasmano il suo modo di vivere la sessualità, la coppia e la propria identità. Ci sono stati dei cambiamenti sociali che hanno reso più fragile il ruolo dell’uomo, vediamo quali.
La lotta per l’emancipazione femminile ha concesso libertà alla donna, rompendo per la prima volta in millenni il modello patriarcale. Il sistema patriarcale si è servito delle istituzioni sociali (diritto, religione, sistema educativo e medico) per fondare e assicurare la subordinazione della donna nelle relazioni di potere familiare ed economiche e sociali, potendo controllare anche lo svolgimento delle funzioni procreative. Gli attori sociali hanno concezione della donna come soggetto violabile, vero oggetto di dominio. Il lavoro femminile, divorzio, aborto, libertà sessuale e indipendenza hanno contribuito a sfumare i ruoli all’interno della famiglia.
La caduta di riferimenti sociali, l’anacronismo della religione, la sfiducia nelle istituzioni, il dissolvimento della struttura familiare tradizionale hanno fatto perdere punti fermi, norme e codici interpretativi condivisi, così l’individuo naviga a vista, è lasciato solo.
La perdita di ruolo sociale sembra aver intaccato maggiormente il maschio, per la perdita di ruolo legato alla produttività (proteggere e provvedere alla famiglia) e allo status (posizione competitiva e riconoscibile nella gerarchia sociale): le donne possono partecipare ad entrambi gli aspetti, anzi possono anche mettere in discussione gli obiettivi raggiunti (l’ultima analisi Istat del 2014 dichiara che sono le donne con il loro lavoro a mantenere in vita molte famiglia).
La donna per sua natura è più accogliente, recettiva, empatica, multitasking, mentre un uomo è più rigido e meno adattabile. Il lavoro di cura l’ha portata ad essere maggiormente capace di sentire le proprie emozioni, più capace di gestirle e tessere delle buona relazioni in cui poter ottenere sostegno. Inoltre il maschio ha maggiore vulnerabilità per la difficoltà che incontra nel distacco della condizione infantile di fusione ed identificazione con la madre, perciò è più facile confluire verso un ruolo predefinito e culturalmente trasmesso.
In questo ambito la sessualità può diventare un incontro/scontro tra i due sessi. Lo stupro può avvenire per desiderio di onnipotenza, vendetta, affermazione del proprio potere.
Anche quando la coppia si sgretola, ultimo baluardo di sicurezza, l’uomo entra in deriva depressiva, diventa incapace di elaborare adeguatamente la separazione e la perdita di ruolo. Infatti si parla ben poco, anche nei giornali e alla televisione, dei disagi e delle emozioni che gli uomini possono sentire davanti ad un divorzio e alla perdita dell’affidamento dei figli, come se questi aspetti fossero innominabili, non condivisibili e perciò non gestibili socialmente. In questo scenario, quindi, non avendo sostegni culturali e sociali, gli individui immaturi affettivamente, che non sanno gestire le proprie emozioni e che non hanno raggiunto un equilibrio psicoaffettivo, possono non saper gestire emozioni come abbandono, impotenza, rabbia all’interno della coppia, da cui dovrebbero derivare le maggiori sensazioni di sicurezza e sostegno.
Spesso sono proprio queste stesse emozioni di impotenza, abbandono, solitudine, disperazione e angoscia che sono state vissute nel proprio sviluppo e non sono state eleborate, proprio per la mancanza di relazioni infantili affettive sicure, amorevoli, che avrebbero dovuto infondere sensazioni di essere amati, protetti e sicuri. Questo non essere amati si traduce come una sensazione di non amabilità anche da adulti, nel dramma di avere bisogno di amore ma aver terrore di non averlo. Per garantirsi l’altro, di cui non si ha fiducia, si cerca così di controllarlo o distruggerlo.
Spesso questi individui sono dipendenti dalle relazioni intime, con un grosso timore di essere abbandonati, incapaci di mantenere una relazione a causa della rabbia e impulsività. Sono tutti caratterizzati da una risposta caotica in cui i sistemi di controllo saltano, e la rabbia diventa pervasiva e spinge verso una messa in atto aggressiva: aggressione, omicidio, vendetta offrono l’illusione di alleviare la sofferenza, eliminando il disagio. Si nega l’abbandono, il rifiuto, annientando il partner e cancellando così ulteriori minacce di dolore.
Tra gli uomini che usano violenza possiamo definire tre modelli :
– violenti e antisociali
hanno un comportamento pervasivamente violento e l’uso massicco di alcol e droghe aumenta la loro impulsività. La violenza è reattiva, dettata dall’impulso rabbioso e violento oppure hanno il sangue freddo di progettare nei dettagli le loro azioni. Riescono s infliggere danno all’altro, terrorizzarlo, dominarlo senza provare colpa. Nelle relazioni affettive considerano la violenza lecita. Sono capaci di manipolare, controllare, terrorizzare, capaci anche di ferire la donna in zone non visibili dagli altri. Sono soggetti che spesso sono stati a loro volta maltrattati e violentati, che hanno conosciuto nelle loro famiglie di origine la violenza su di loro o assistita e che pertanto la considerano un elemento familiare e naturale.
– gli individui borderline
Sono tipici del ciclo di violenza ( costruzione tensione, scoppi di violenza e luna di miele). Hanno una profonda dipendenza nei confronti della propria partner e orrore di essere abbandonati, ma cercando di mantenere un atteggiamento non curante e distanziante, con l’abuso cercano di disfarsi di questi sentimenti. Hanno molta paura non riconosciuta dell’abbandono, qualsiasi cosa la partner dica o faccia viene interpretata come un’aggressione, una prova di misfatto. Spesso la violenza è in uno stato dissociativo. Spesso sono uomini con disturbo post traumatico da stress, hanno subito violenza e abusi che hanno mutato il senso globale di sé o hanno avuto una madre instabile e trascurante. Si è creato così un legame ambivalente che ripropongono nel rapporto di coppia: come la madre è amata e desiderata per quanto lontana e odiata, così la loro relazione intima è il contesto in cui si sentono fragili e vulnerabili, in cui si esprime il loro bisogno di intimità e la rabbia/paura di questa intimità. Hanno un’impulsività elevata e familiarità con alcol e droghe.
– evitanti/ipercontrollati
Sono uomini che negano la rabbia, che è repressa, negata e pertanto può esplodere, oppure possono usarla in modo strumentale, sono i maniaci del controllo e hanno bisogno di dominio. La partner è l’oggetto privilegiato verso cui la violenza si esprime con rari e intensi eccessi o vessazioni quotidiane per controlli e sottomissioni attraverso l’isolamento, impartizione di ordini e manipolazioni. Hanno uno stile di attaccamento invischiato, dipendente dal’altro, hanno paura della perdita e dell’abbandono. Possono vedere la violenza come una perdita di controllo e possono non avere stereotipi negativi sulle donne, per questo sono gli uomini che spesso salgano alle cronache come “uomini tranquilli”.
Tutti questi uomini hanno un equilibrio precario nella gestione delle emozioni e tutto può essere percepito come una fonte di stress. Così si può spiegare come mai ci siano delle frequenze elevate nei periodi natalizi, durante i mesi caldi e per lo stato di disoccupazione, ovvero quando i labili sistemi di controllo possono essere messi alla prova e non reggere a ulteriori pressioni. In effetti si sono riscontrati anche alti livelli di cortisolo (ormone dello stress) in queste persone, proprio a testimoniare una reazione di perdita del senso di potenza e autoefficacia.